Ore molto belle a Budapest

Una delle esperienze più belle della mia vita.

Sabato il training si conclude. Si lascia Zebegény, si torna a casa. Le ragazze ceche lo faranno in treno; quasi tutti gli altri, in aereo. Steven e Gwen andranno allo Zsiget e poi, in dritto, in aeroporto. Rispetto.

Alle 4 del pomeriggio rimaniamo io e Kamila. Entrambi partiamo di domenica. Lei ha il volo al mattino, io alla sera.
Nei giorni precedenti non avevamo speso molto tempo insieme: giusto qualche domanda sui nostri rispettivi percorsi universitari.
Ah, entrambi avevamo preso parte all’Oxford Debate. A questo punto mi lascio andare ad una breve digressione. Lei era in squadra con Gwen e Razvan. Io con Steven e Rimantė. La mia squadra aveva un solo obiettivo: dimostrare che scaricare musica illegalmente da internet non dovrebbe essere considerato un reato. Loro dovevano portare argomenti a sostegno della tesi contraria. Alla fine, il pubblico e la giuria, daranno ragione alla mia squadra. Ma Kamila, tra i suoi, era stata la migliore. Considerato che doveva difendere una tesi reazionaria e conservatrice, se l’era cavata molto bene. Tagliente, nessuna pausa, sicura.

Dicevo. Sono con Kamila, in giro per una Budapest rovente. Beviamo molta acqua. Mangiamo tanta frutta. Parliamo del training appena concluso. Entrambi alla prima esperienza, entrambi entusiasti. Mi racconta del suo erasmus a Maastricht, che le ha cambiato la vita. Una volta in Polonia infatti, il tempo di laurearsi e poi torna in Olanda. Qui vive e lavora da un anno. Lo farà anche il prossimo. Poi in autunno si trasferirà in Danimarca dove inizierà un master con un nome strano nel campo delle scienze politiche. Kamila lavora in un call center: dice che non è un lavoro pesante ma sicuramente ripetitivo. In realtà, però, l’unica cosa che conta è il buon stipendio che riceve: sufficiente per risparmiare il necessario per vivere quei due anni in Danimarca. Retta e tasse non sono un problema: là non si pagano. Così, per dire.

La temperaturà incomincia un po’ a scendere. Il solo comincerà a calare a breve. Propongo di andare a vedere lo spettacolo dalla Collina Gellért. Sull’altra sponda del Danubio, a Buda.
Per attraversare, optiamo per il Liberty Bridge. Incominciamo la scalata. Più saliamo, più i colori, in cielo, diventano belli. Ci fermiamo in vari punti, a scattare foto stupide e a riprendere fiato.

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Giunti in vetta, ci appoggiamo ad una balaustra in legno e restiamo in silenzio.
Cominciamo a scendere, dall’altro versante, mentre il sole va a nascondersi dietro un rilievo.

Mi sembra di conoscerla da una vita, per certi versi. Ridiamo molto. Su molte cose siamo d’accordo. Parliamo anche Siria: interventista convinta, per dire.

Si fa buio e torniamo a Pest. Ci rechiamo in un minimarket un po’ nascosto. Prendiamo una Dreher: coerenti. La beviamo sul lungofiume. Poi ne prendiamo un’altra. E poi un’altra… anzi no, il tipo del minimarket ci blocca: dice che dopo le 10 non può più vendere alcool. Poi però apre lo zaino di Kamila e ci mette dentro due lattine. Da chiamare la finanza ma, non trovandoci in zona euro, paghiamo e usciamo.

Incomincia ad essere freddo, soprattutto se si è in shorts e flip-flops. La porto nel pub più figo di Budapest, se non di gran parte dell’Europa Centrale.
Ordiniamo due rosse. Beviamo con calma, mangiamo noccioline come se non ci fosse un domani, scriviamo. Comunichiamo anche con dei bigliettini, scriviamo i nostri nomi su di una banconota, ci sorridiamo.

Rimaniamo soli nel pub, saranno state le 3 meno qualcosa, e ce andiamo. Direzione: il club da tutti consigliatoci. Ci arriviamo abbastanza agevolmente ma, una volta lì, il buttafuori ci dice che non possiamo entrare. Insistiamo e otteniamo solo delle spinte.
Sulla stessa via, c’è un posto, un po’ delicatessen e un po’ fast food. Prendiamo dei tacos, che ci si scioglieranno in bocca. Speciali.

Camminiamo ancora un po’, verso la stazione dei treni di Nyugati. Entriamo nella sala d’attesa, semideserta. Kamila sperimenta un locker, sì profondo ma non abbastanza. Poi ci mettiamo per terra, stiamo vicini, ci addormentiamo.
Neanche due ore dopo, ci sveglia un poliziotto. Urla delle cose strane. Noi ci alziamo, facciamo pochi metri ed entriamo in un McDonald’s. Ci areniamo su di un divanetto.

Poi l’accompagno alla stazione delle metropolitana, nessuno ha la forza di parlare lungo il tragitto. Prende il biglietto dalla borsa, ci guardiamo e all’unisono sussurriamo: “ne è valsa la pena!”.

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