Son tempi duri. Mala tempora currunt direbbero i latini. Il weekend è passato lentamente, non il più scoppiettante della mia vita oserei dire. D’altronde quando anche cuocere un pizza surgelata diventa un’impresa capisci che forse rubare il posto auto riservato agli handiccapati è da dementi. Sì lo so, sto delirando. Mi fermo qui, perdonatemi.
Altra giornata di battaglia con il sito dell’università, ieri. Complicatissimo districarsi tra i vari orari delle lezioni e posizioni delle aule. Per non parlare poi del Learning Agreement non ancora definitivo. Ma ci sto lavorando su, vedo la luce fuori dal tunnel.
Arrivo a casa alle sette e mezzo. Stremato e affamato. Elsa e Estelle mi propongono di cenare con loro: le piccole gioie della giornata.
Cena frugale come piace a me: baguettes croccanti, svariati formaggi ed affettati disposti con sapienza transalpina su di un tagliere spazioso. Da notare una mortadella stranamente gustosa.
Loro vino rosso, io fedele alla mia Super Bock – la Moretti portoghese, la birra dello studente.
Mi faccio raccontare da Estelle del suo weekend nell’Algarve, la regione più a sud del Portogallo. Tre giorni di delirio, ovviamente.
Pensiamo di guardare un film: io propongo Drive, l’unico in inglese che ho sul computer. Poi però si fa tardi e rimandiamo. Ricevo e ricambio la buona notte.
Mi sveglio alle 9, oggi. Colazione del campione da Dona Rosa, chioschetto sotto casa mia, e poi la solita odissea verso l’università. Pranzo con Giulia, conosciuta al corso di Relações Internacionais. Toscana di Viareggio, simpatica per antonomasia. Molti interessi in comune, tanto di cui parlare.
Poi ognuno a lezione: lei Scienza Politica, io la cara vecchia Sociology of the Family and the Parenthood. Farei volentieri a cambio.
Arrivo in classe in anticipo. Poco dopo arrivano le ragazze norvegesi. Ingeborg mi dice che ha letto il mio blog, e così han fatto anche le altre, mi lascia intendere. Inizialmente penso abbiano guardato solamente le foto, alla Totti, per intenderci. Mi vedono confuso così decidono di tranquillizzarmi dicendo che non si sono sentite offese. Continuo a non capire. Lampo di genio: Google Translate? Ovvio, mi dicono. E si mettono a ridere.
Inizia la lezione. Un’ora circa di lezione frontale. Poi ci dividiamo in gruppi da due. Io sto con Hanne e dobbiamo confrontarci sullo stato delle same-sex couples nei nostri rispettivi paesi. Ora sì che mi diverto, penso. Ma l’entusiasmo nello sparare a zero su tutto e tutti lascia presto spazio allo sconforto nell’ascoltare la situazione norvegese, una specie di paradiso per le coppie omossessuali. Successivamente cerchiamo di schematizzare ciò di cui abbiamo appena discusso poiché da lì a poco andremo ad esporlo alla classe.
A fine presentazione un’americana mi chiede se i pochi diritti delle coppie omosessuali in Italia hanno a che fare con l’influenza della Chiesa nella politica. Perspicaci questi yankees.
Guardo fuori dalla finestra: il cielo è plumbeo, fosco. È la prima volta che lo vedo così da un mese a questa parte. Da lì a poco verrà a piovere, a catinelle. Non accenna a smettere e io incomincio a preoccuparmi per il ritorno a casa. Fortunatemente dopo un’oretta smette. Prima di arrivare alla fermata dell’autobus c’è un tratto di strada in discesa: cammino sul marciapiede di ciottoli levigati dal tempo e dalle intemperie. È scivoloso ma le ragazze norvegesi mi fanno gentilmente compagnia e mi danno manforte. Silje mi dice che i miei post le sono sembrati molto riflessivi. Evidentemente il suo Google Translate fa miracoli.
Le dico che andrò a tradurre il suo, di blog, ma non che sono scettico sulla qualità della traduzione.
Anche oggi si son fatte quasi le otto e sono appena arrivato a casa. Elsa mi ha fatto la spesa: toccherebbe farla santa.
Faccio una doccia, mi scaldo una pizza e guardo gli ultimi minuti di Fiorentina-Juve. Mi bevo una birra con le ragazze ascoltando della musica folk.
Dopotutto, anche da invalido, si può passare una serata sorridendo.